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La finestra da sempre rappresenta il luogo più caro di un’abitazione. Consente di controllare, guardare e seguire le vicende del vicinato, di scambiare saluti e di relazionare con passanti e dirimpettai. Insomma, è la postazione per eccellenza di ogni abitazione. Ed analogamente, e con la fantasia che talvolta deve caratterizzare le umane iniziative, questa “Finestra su Ponte” intende essere, diventare –anche con il fattivo contributo di partecipazione, d’informazioni, di materiale, d’idee e d’opinioni di quanti condivideranno l’iniziativa- il “nostro” sguardo su tutto ciò che ci circonda e che ci riguarda da vicino ed anche da lontano. In altre parole, intende diventare un modo tecnologico per relazionare. Le nostre “finestre” non sono ovviamente tutte uguali, hanno infatti una diversa visuale, una diversa prospettiva, come le nostre conoscenze e … “punti di vista”. Ciò è naturale ed è anche la caratteristica e la linfa di ciascuna comunità.

martedì 20 ottobre 2015

Un DISASTRO, un'EMERGENZA e, POI, la solita RECITA delle istituzioni ai vari livelli?






Vi invito a leggere un mio articolo pubblicato su Gazzetta di Benevento il 7 dicembre 2013. 



Offre spunti per argomentare le conseguenze del nubifragio che ha devastato -tra gli altri- anche il nostro paese e territorio.

Stiamo assistendo anche stavolta alla scontata recita di una scontata e già nota sceneggiatura?

Per la sua integrale lettura, ho trascritto qui di seguito l'articolo, anche per poter evidenziare taluni suoi punti:

"Attenzione alle criticità - I recenti nubifragi insegnino
Le 17 vittime delle esondazioni di torrenti e fiumi, degli smottamenti, dei cedimenti di strade e viadotti e degli allagamenti che hanno letteralmente martoriato la Sardegna inducono ad una riflessione. Gli eventi meteorologici “eccezionali” (così, almeno sono stati da subito definiti) che lo scorso mese di novembre hanno sconvolto vaste aree della Sardegna hanno –come sempre accade al verificarsi di simili emergenze- catalizzato  l’attenzione mediatica ed il dibattito politico; ed argomento principale di tanta “mobilitazione” è stata ovviamente la mai risolta questione della salvaguardia e del ripristino dell’equilibrio idrogeologico del nostro territorio. Ma –e come oramai da consuetudine- trascorsa qualche settimana (o anche meno) e contate le vittime e contabilizzati i danni, anche questo disastro umano e territoriale è destinato ad essere “metabolizzato”, ovverosia, archiviato in attesa della  prossima tragedia; e possiamo esserne certi che in tale infausta occasione -pur mutando la Regione, la zona e le località sconvolte dall’evento ed il numero delle vittime- sarà riesumato il solito spartito politico ed anche mediatico  e si assisterà alla consueta sfilata di personalità ed all’usuale recita, e riascolteremo anche identici sdegno, parole di circostanza, impegni delle istituzioni ed a qualche immancabile scarica barile delle responsabilità.

Amara riflessione, la nostra, ma alquanto attendibile. Purtroppo sono ancora inascoltati coloro che –e da tempo- indicano la soluzione per evitare e per limitare simili tragedie: “Frenare la smisurata ed irrazionale cementificazione del territorio, causa e concausa di tante disgrazie”. E l’attuazione di tale elementare suggerimento spetta alla politica, a quella seria, non a quella miserevole che da troppi decenni è replicata sul palcoscenico del teatrino italiano; in particolare, spetta alle amministrazioni comunali che vivono e gestiscono il territorio. Da qui la necessità di redigere (e non di adattare ad esigenze che pregiudicano natura e sicurezza) piani urbanistici che rispettino precisi, inderogabili e ben noti limiti: distanza da corsi d’acqua, divieto di edificare in zone geologicamente instabili e … rispetto della natura e dei suoi equilibri. Disgraziatamente, non sempre –come d’altronde testimoniano le innumerevoli tragedie- ciò avviene. I fatti ed i misfatti, invero, portano a galla –insieme ai cadaveri che emergono dal fango e dalle acque- precise inadempienze delle istituzioni locali. In più di un caso, si scopre che a creare i presupposti “strutturali” delle tragedie sono proprio gli amministratori: per la loro superficialità ed incapacità ed anche per la loro complicità con iniziative di speculazione edilizia, contraccambiata immancabilmente con ricompense non solo elettorali. Molte volte, poi, l’eccezionalità o la pseudo-eccezionalità degli eventi meteorologici è utilizzata come indulgente sipario dietro al quale nascondere evidenti approssimazioni, omissioni e colpe. Un tale sistema non è più tollerabile. Occorre un diverso e più responsabile modus agendi e operandi, e -quando gli amministratori comunali si rendono conto che i “limiti” sono stati superati e che si sono create le premesse per probabili tragedie- responsabilità vuole che si corra ai ripari e si cerchi di correggere l’errore. E’ vero che attualmente le casse dello Stato e delle Regioni non sono in grado di soddisfare il finanziamento di tutte le esigenze sociali e strutturali di ogni comunità, ma è altresì vero che tragedie come quelle sarde, e soprattutto il buon senso, suggeriscono di dare priorità a quei finanziamenti che salvaguardano il territorio ed i suoi abitanti. Anche il territorio pontese ha delle criticità idrogeologiche per la cui messa in sicurezza sono stati richiesti finanziamenti pubblici. In merito, abbiamo intanto constatato che un qualche intervento (risolutore?) è stato pure eseguito, ad esempio quello di qualche anno fa a monte ed a valle dello stadio comunale “G. Ocone”, ma cautela e soprattutto lungimiranza impongono la necessità di non allentare l’attenzione e, soprattutto, di evitare di creare le premesse per ulteriori criticità".





                                        





















Ponte, 20 ottobre 2015                           giacomo

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