40 anni! 16 marzo 1978, il giorno in cui le Brigate Rosse uccisero a colpi d'arma da fuoco ben cinque agenti della scorta dell'onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana.
Cinque UOMINI sacrificati in nome di una strana GUERRA di cui ancor oggi non si conosce o si finge di non conoscere la vera "RATIO".
C'è certezza solo per le vittime. Questi i loro nomi: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Raffaele Jozzino
e Giuliano Rivera.
Eguale certezza sull'assassinio poi dello statista pugliese, avvenuto dopo 55 giorni di prigionia il 9 maggio in uno stabile della capitale.
Quante stranezze, che indignano e mortificano ancor di più, soprattutto i familiari dei SEI sacrificati.
Lontano da me ogni tentativo di improvvisare o di abbracciare le tante teorie sulle anomalie, sui retroscena di una vicenda che catalizzò l'attenzione della pubblica opinione per i mesi e gli anni a seguire.
Intendo solo richiamare una ingloriosa pagina (e che pagina!) della nostra storia contemporanea che mi ha fatto provare nuovamente i brividi di un'emozione non descrivibile che percepii alla notizia della strage.
E non poteva essere diversamente; anch'io in quel periodo indossavo una uniforme, quella della Benemerita Arma dei Carabinieri. Frequentavo a Firenze il secondo anno di corso per sottufficiale.
Ho riletto con una certa emozione il mio diario, il mio compagno di quel periodo, che custodisco ancora.
Quella mattina tutti gli allievi sottufficiali erano nella Basilica di Santa Maria Novella a celebrare il precetto pasquale.
Ad officiare la Santa Messa, se non ricordo male, era l'arcivescovo Giovanni Benelli.
La celebrazione era agli sgoccioli; l'arcivescovo la interruppe e con voce emozionata diede la notizia della uccisione dei cinque uomini della scorta e del sequestro dell'onorevole.
Seguì un lungo momento di silenzio.
In un attimo quanti pensieri realizzò la mia mente. Tutti di umana paura per ciò che era accaduto e per ciò che sarebbe potuto accadere ancora, anche a noi allievi prossimi a completare il corso e a misurarci con un lavoro molto impegnativo.
E chissà?
Chiudo qui il mio diario, anche se avrei voluto continuare trascriverne qualche ulteriore passaggio, quello relativo alle esequie dei cinque tutori dell'ordine.
Preferisco non farlo perché rischierei di sballare con qualche amara considerazione sull'allora sistema partitico.
Il mio riverente saluto alle vittime di quella tragica pagina di Storia.
Ponte, 16 marzo 2018 giacomo de angelis